Ipercorpo 2011

Il complesso S.I.T.A./ATR, deposito di corriere e autobus, costruito nel 1935 a Forlì ed ora in disuso da diversi anni è il luogo che abbiamo scelto per Ipercorpo 2011. Oltre alla sede dei laboratori che sarà la Fabbrica delle candele, spazio polifunzionale per la creatività giovanile.
Perché essere qui ora?
La realtà che ci circonda propone scenari grotteschi. Da un lato si continua a costruire spesso dimenticando l’antica sapienza che legava architettura, paesaggio e fragilità dell’umano. Dall’altro ci si assume pesanti oneri di ristrutturazione per spazi che non sono tesi ad accogliere artisti e azioni viventi ma solo gesti congelati nel passato.
Diviene per noi fondamentale far vivere luoghi in disuso non solo mostrandoli, affinché l’occhio del cittadino recuperi ambienti a lui prossimi ma ormai lontani dalla cattura della visione, ma anche e soprattutto animandoli del corpo e dell’azione di artisti capaci di ri-guardarli. Ambienti e visioni che non sono solo decoro, ma qualcosa in cui siamo immersi e attraverso cui ci siamo formati. Qualcosa che chiede un atto proiettato verso il futuro.

L’edizione di Ipercorpo 2011 è quindi eminentemente politica, tesa a proporre un riequilibrio fra corpo, spazio, città.
La questione in gioco non è avere un ampio tetto sotto il quale un manipolo di creativi, seppur di livello nazionale ed internazionale, possa mostrare le proprie opere.
L’idea, e il monito, sono quelli di riattivare immediatamente un luogo “notevole” che può tornare a vivere, anche se per un breve periodo, grazie al lavoro di artisti capaci di tenere in massimo conto spazio, corpo, suono nel dialogo con un ambiente dato. Non neutro. Certamente protagonista.

Al tramonto, tutte le sere, il magazzino ATR propone il suo spettacolo di luci e ombre grazie all’imponente vetrata sospesa. A noi, agli artisti, ai performer, ai musicisti, ai docenti il compito di proseguire e amplificare questa epifania. A te spettatore il compito più importante, restituire pensiero, sguardo, sogno a questo luogo che li chiede da tempo. In una parola, umanità.

Claudio Angelini